Capital Asset Pricing Model (CAPM)
Tra i vari modelli di rischio e di rendimento economico sempre più prediletto dagli analisti.
Come gli altri tre modelli (arbitrage pricing model, modello multifattoriale e modelli basati sulla regressione), il CAPM concorda sul fatto che il rischio di mercato deriva dalla distribuzione dei rendimenti effettivamente realizzati attorno al rendimento atteso e deve essere misurato dal punto di vista di un investitore marginale ampiamente diversificato.
Fatta questa necessaria premessa passiamo ad analizzare il CAPM o modello di base Capital Asset Pricing Model.
Capital Asset Pricing Model (CAPM): le ipotesi alla base del modello
Il modello Capital Asset Pricing Model (CAPM) è il modello di rischio e rendimento di gran lunga più utilizzato in passato e costituisce tuttora il modello standard in molte applicazioni di finanza aziendale.
Malgrado le critiche avanzate dagli esperti di finanza aziendale, il CAPM è un modello economico davvero interessante da analizzare e conoscere.
Nonostante la diversificazione consenta di ridurre l’esposizione degli investitori al rischio specifico d’impresa, la maggior parte degli investitori possiede un numero limitato di titoli.
Questa è l’ipotesi alla base del modello CAPM: anche i maggiori fondi comuni aperti sono riluttanti a possedere qualche centinaio di titoli azionari, anzi, molti ne possiedono un “pacchetto” di appena 20.
La motivazione alla base di questa riluttanza è che i benefici marginali della diversificazione di un portafoglio investimenti diminuiscono all’incrementare della diversificazione.
La riduzione del rischio specifico d’impresa ottenuta aggiungendo un ulteriore asset è minore e potrebbe non essere sufficiente a coprire i costi marginali associati alla diversificazione.
Inoltre, il CAPM ipotizza che non esistano costi di transazione, tutte le attività finanziarie siano trattate sul mercato e gli investimenti siano divisibili all’infinito, ovvero si possa comprare una frazione di un’unità di investimento.
Non essendoci informazione privata, gli investitori non possono reperire sul mercato attività sopra o sottovalutate.
L’effetto di tali ipotesi alla base del modello economico CAPM è quello di eliminare quei fattori che spingono gli investitori a limitare il proprio grado di diversificazione.
Secondo il CAPM l’investitore detiene in portafoglio tutte le attività negoziate sul mercato (azioni, bonds, titoli immobiliari, fondi comuni d’investimento, etc.), ciascuna in proporzione al market value.
Di qui, il portafoglio composto da ogni asset viene chiamato market portfolio o portafoglio di mercato.
CAPM: quali sono le implicazioni per i detentori di assets?
La diversa propensione al rischio di mercato di ogni investitore emerge nella decisione di allocazione, ovvero nella decisione di quanto investire nel titolo free risk e quanto nel portafoglio di mercato.
Investitori più avversi al rischio opteranno di investire quasi la totalità del proprio patrimonio nel titolo privo di rischio, mentre gli investitori meno avversi al rischio di mercato investiranno principalmente nel portafoglio di mercato.
Queste implicazioni si basano su due ulteriori ipotesi alla base del CAPM:
- esiste un titolo privo di rischio, il cui rendimento atteso sia certo;
- gli investitori, per ottenere la combinazione ottimale tra il titolo free risk e il portafoglio di mercato, possono dare e prendere in prestito fondi al tasso privo di rischio.
CAPM: la misurazione del rischio-mercato di una singola unità
Il rischio di ciascuna attività per un investitore corrisponde al rischio aggiunto da quello strumento al portafoglio.
Nel contesto del CAPM, dove gli investitori scelgono di detenere il portafoglio di mercato, il rischio di una singola attività per un investitore corrisponde al rischio che quest’asset aggiunge al market portfolio.
Questo rischio addizionale è misurato statisticamente dalla covarianza dell’asset con il portafoglio di mercato.
Maggiore è la correlazione fra andamento dell’attività e l’andamento del portafoglio di mercato, maggiore è il rischio aggiunto di tale asset.
La covarianza è una misura non standardizzata del rischio-mercato, ma è possibile standardizzare la misura del rischio dividendo la covarianza di ciascuna attività con il portafoglio di mercato per la varianza del portafoglio di mercato.
In questo modo otteniamo il cosiddetto beta di un asset:
beta di un’attività: (covarianza dell’attività i con il portafoglio di mercato / varianza del portafoglio di mercato)
Dato che la covarianza del portafoglio di mercato con se stesso non è altro che la varianza del portafoglio di mercato, il beta del portafoglio di mercato è pari a 1.
Le attività più o meno rischiose della media saranno quelle con beta superiore o inferiore a 1. Il titolo privo di rischio avrà un beta pari a 0.
CAPM: Rendimento atteso
Il fatto che ciascun investitore possieda una combinazione del titolo free risk e del portafoglio di mercato ha un’importante implicazione: il rendimento atteso di un’attività è strettamente correlata al suo beta.
Il rendimento atteso di un’attività sarà una funzione del tasso di rendimento del titolo privo di rischio e del beta dell’attività.
Pertanto, il rendimento atteso di un’attività rischiosa è dato dal rendimento di un titolo privo d rischio maggiorato di un risk premium o premio per il rischio, che sarà più o meno elevato a seconda del rischio aggiunto dall’attività al portafoglio di mercato.
In conclusione, nel Capital Asset Pricing Model l’intero rischio-mercato è sintetizzato dal beta, misurato in relazione al portafoglio di mercato che include tutte le attività trattate sul mercato, ciascuna detenuta in proporzione al valore di mercato.